domenica 4 gennaio 2015

Bye bye, Boardwalk Empire


Ciao e buon anno a tutti. Oggi parliamo delle cose belle che finiscono. Le vacanze, le storie d'amore, la gioventù, i soldi, i cicli della vita: tutto prima o poi finisce, è un dato di fatto incontrovertibile, se siamo certi di qualcosa in questo porco mondo è che nulla è eterno e che tutto ciò che ha un inizio prima o poi avrà un termine, è una legge di natura e uno non ci può fare niente.

“Oh, però non è giusto!” potrebbe dire qualcuno “Perché le cose più belle non possono durare in eterno?” E invece è giusto, perché se non finissero diventerebbero la routine, e tu non le ricorderesti più come cose belle. Tanto poi ne verranno altre, con un po' di fortuna, ché la vita non finisce mai di stupire e riserva sempre sorprese. Quest'ultima balla, ragazzi, raccontatevela fino a quando non iniziate a crederci sul serio, e vedrete che sarete più felici.



Ma ora basta con la filosofia da bar, perché anche le serie TV finiscono. Finiscono per sempre, com'è naturale che sia, e alcune di esse bisogna salutarle come si deve. Quest'anno si è conclusa Boardwalk Empire, una delle serie TV più memorabili mai prodotte, un vero e proprio capolavoro destinato a restare negli annali assieme a mostri sacri come The Shield, Lost e Breaking Bad. Se non avete mai guardato Boardwalk Empire, ragazzi, smettete di leggere questo articolo e correte a rimediare. Qui si da' un po' per scontato che conosciate la serie e l'abbiate seguita, e se non l'avete fatto peggio per voi, ma siete ancora in tempo. Cercherò di astenermi quanto più posso dagli spoiler, perché non voglio rovinare nulla a chi è un neofita di questo show sul quale si sono sprecati fiumi di inchiostro e spese migliaia di parole di lode. Ma, come detto, un saluto a Boardwalk Empire va fatto. Un ringraziamento, anche, per quelli che sono stati cinque anni di intrattenimento ad altissimi livelli. E scusate se è poco.







Un'analisi

Prodotto dalla HBO e da Martin Scorsese, diretto da Terence Winter e basato sul libro "Boardwalk Empire: The Birth, High Times, and Corruption of Atlantic City" di Nelson Johnson, Boardwalk Empire segue le vicende di Enoch “Nucky” Thompson, spregiudicato uomo politico e affarista senza scrupoli che nel periodo del proibizionismo si fa strada con ogni mezzo per diventare il re del commercio illegale degli alcolici a New Orleans. Per attuare i suoi traffici Nucky stringe alleanze e scatena guerre, fa il doppio gioco con la Mafia, l'IRA e il Ku Klux Klan, unge deputati e senatori a suon di soldi, whiskey e puttane e compra agenti federali come fossero sigarette dal tabaccaio. Boardwalk Empire racconta della sua ascesa verso il potere e delle sue numerose cadute, della sua insaziabile ambizione e disarmante solitudine, ci mostra come un uomo possa distruggere se stesso e tutti quelli che gli stanno intorno per raggiungere uno scopo che alla fine risulta fine a se stesso e non sembra neppure più un premio, ma solo il lontano ricordo di una magnificenza sognata che s'è trasformato nella maledizione di una vita. Tornare indietro è impossibile una volta che hai messo in moto il meccanismo e ne sei divenuto schiavo, così Nucky ballerà fino in fondo la musica che lui stesso ha deciso di suonare, anche quando il ballo gli è venuto a noia, anche quando potrebbe tirarsene fuori e cercare di ricominciare una vita decente. Boardwalk Empire ci mostra cosa accade quando vendi la tua anima al demone dell'ambizione e come i soldi possano fare l'infelicità, descrive un periodo storico assolutamente non dissimile dal nostro in cui lo spazio per gli affetti si riduce fino a scomparire, schiacciato dalle dinamiche del “mors tua, vita mea”. Non vince nessuno, mai, in questa guerra. L'America, continente ai tempi ancora tutto sommato giovane e ricco di opportunità, è il corpo immenso di una donna procace sul quale piccoli e spietati esseri umani si arrampicano falciandosi, uccidendosi e ostacolandosi a vicenda, una folle scalata combattuta con unghie e denti per poter succhiare dalla mammella che aspetta lì in alto, gonfia di promesse. Ognuno crede di essere il prescelto, ognuno pensa di avere carte migliori degli avversari per vincere la partita, ma tutti si sbagliano. Sarà l'America, bella e crudele, ad annientarli, ma non prima di averli ubriacati con il sapore dello scotch e l'odore dei dollari, non prima di averli privati della loro stessa natura d'uomini. Sullo sfondo fiumi d'alcol, locali di cabaret, prostitute, divi d'avanspettacolo, cappellini, parasole, gonne, bettole di quart'ordine. In alto, il cielo blu del New Jersey, indifferente al sangue e alle lacrime che inzuppano il boardwalk man mano che la carneficina va avanti.



Ma Boardwalk Empire non segue solo Nucky Thompson, raccontandoci anche di altri uomini e donne, ed è qui che sta la sua forza. È un'opera corale che regala il giusto spazio a decine di personaggi, ci mostra le loro vite pubbliche e private, la loro battaglia quotidiana, i loro fallimenti e i loro sforzi per rialzarsi ogni volta che cadono. Vedrete i giovani Al Capone e Lucky Luciano farsi strada dal nulla fino ai vertici della malavita, e vedrete lo spiantato Jim Darmody sgomitare per diventare il successore di Nucky. Vedrete criminali di ogni tipo e capirete cosa li muove, e i personaggi “positivi” nella loro battaglia per restare fedeli a se stessi, mentre il mondo attorno a loro scivola giorno dopo giorno verso una barbarie sempre peggiore. Nessuno è immune dal morbo dell'ambizione, amore e soldi sono due facce della stessa sporca medaglia che spinge gli uomini l'uno contro l'altro nella disperata lotta per raggiungere ciò che vogliono o credono di volere. È un'epopea, gente. Una cazzo di grandissima epopea con uno sguardo profondo alla natura umana e ai suoi aspetti peggiori. La bontà la si intravede di tanto in tanto, in uno sguardo o una parola o un abbraccio, ma resta in sottofondo, soffocata da istinti più pressanti. Potenzialmente ci sarebbe del buono in tutti i personaggi di Boardwalk Empire, se solo non fossero nati in quel luogo e in quel tempo, se solo non fossero diventati, per scelta o per destino, ciò che sono.



Il podio degli attori

Boardwalk Empire annovera tra le sue fila i migliori attori nel mondo delle serie TV, inutile girarci attorno. Ogni maledettissimo personaggio è prima di tutto caratterizzato in maniera eccellente, e in secondo luogo interpretato da attori che definire mostruosi non è assolutamente esagerato. Potrei stilare una lista di venti attori e relativi personaggi e ne resterebbero ancora fuori a pacchi, perfino i characters secondari e i gregari sono perfetti. La sceneggiatura ha fatto un lavoro magistrale nel dare vita a queste figure, ma non da meno è stato chi ha scelto il cast, assicurandosi che ogni faccia, ogni presenza scenica, ogni voce e ogni fisico potesse rendere al 100% il personaggio. Complimenti davvero a tutti gli attori, nessuno escluso. Raramente ho visto prove di recitazione raggiungere tali livelli. Ecco ora però il mio personalissimo podio:



III posto – Stephen Graham (Al Capone)



Un metro e sessantacinque centimetri scarsi di furia animalesca, cattiveria pura e pessime battute, Stephen Graham (The Snatch, This is England, Gangs of New York) ci regala un ritratto del giovane Al Capone che completa e arricchisce l'interpretazione di Robert De Niro nel memorabile Gli Intoccabili. Al Capone è consumato da un'ambizione inversamente proporzionale al suo fisico, deciso a farsi strada nel mondo con l'unico mezzo che conosce, la violenza. Al Capone ammazza e tortura, ruba e rapisce, ha scatti di brutalità improvvisi e scoppi di allegria altrettanto inaspettati. Massacra donne e bambini senza l'ombra di un rimorso ma adora la famiglia e cerca di essere un buon padre. A differenza degli altri gangsters italoamericani conserva un certo qual senso dell'onore e dell'amicizia ed è capace di farsi amare, c'è in lui una malinconia nascosta che percepiamo quando sveste la maschera del boss e si mostra per ciò che è: un giovane immigrato che deve fare quello che deve per sopravvivere in una terra straniera. Immenso Graham, mattatore fin dalla prima scena in cui appare, al punto di oscurare altri personaggi più importanti nell'economia della serie.



II posto – Steve Buscemi (Nucky Thompson)


La consacrazione definitiva di un attore che aveva passato la sua carriera a fare da spalla, Boardwalk Empire lo ha ricoperto di premi e riconoscimenti. Golden Globe nel 2011 come miglior attore di una serie TV, Screen Actor Guild Award per due anni di seguito, nominato agli Emmy Award e in altri premi di prestigio. Buscemi sembra aver vissuto e recitato tutta la vita nell'attesa di impersonare Enoch Thompson, il personaggio è fatto apposta per lui, cucitogli addosso come i costosissimi abiti italiani che indossa in scena. Umorismo tagliente, spalle cascanti, sorriso disilluso, quegli strani occhi sempre umidi che all'improvviso diventano crudeli come quelli del diavolo, perforando l'interlocutore come un proiettile, Nucky Thompson è una metafora di come il tuo sogno più prezioso possa sfuggirti di mano e arrivare a dominarti, e di come tu debba imparare a convivere con questa cosa fino al giorno in cui morirai. Un uomo che nella sua vita ha conosciuto tutto e ne porta i segni su ogni ruga del volto, un vincente che sa di aver perso e gioca la sua partita solo per il gusto di provare ancora il brivido del rischio, Nucky Thompson suscita nello spettatore sentimenti che vanno dall'adorazione al ribrezzo, accompagnandoci nell'avventura con la promessa che prima che il sipario cali per sempre proverà ancora un colpo di coda, l'ultima zampata da bastardo tanto per far capire al mondo che lui era e resterà il re di Atlantic City. Un applauso a Buscemi, attore fenomenale.



I posto – Michael Shannon (agente Van Alden/George Mueller)


L'idolo, la scoperta, l'assoluta sorpresa della serie. Van Alden inizia come agente federale pieno di certezze e saldi propositi, poi la sua vita va a puttane e lui cerca di riacchiapparla per i capelli, vive ogni genere di disavventure e prende una valanga di botte, cerca di tenersi ancorato ai suoi vecchi principi anche quando il mondo intorno a lui è totalmente cambiato. Van Alden è il prototipo dell'uomo alla deriva che cerca di tenersi in piedi nella tempesta, il fallito che perde tutto e va comunque avanti, l'uomo sconfitto dal destino che passa da una sfiga all'altra con la stoica rassegnazione di un martire e la cocciutaggine di un mulo. Shannon, attore fantastico, gli regala il suo metro e novanta di statura e la sua faccia che sembra intagliata nella pietra da un artigiano alle prime armi, con quella testa enorme e quegli occhi assurdamente grandi. Gli basta sollevare un sopracciglio per per scatenare le risate del pubblico, le sue frasi sono tanto fuori luogo quanto memorabili, la sua totale inadeguatezza nei confronti delle situazioni che vive è sublime e assurda allo stesso tempo. Van Alden è il personaggio insieme più comico e più drammatico della serie, una specie di cyborg dai movimenti legnosi e dalla parlantina meccanica, grande incassatore tanto di pugni quanto di colpi bassi del destino, antieroe per eccellenza per cui si finisce inevitabilmente per fare il tifo. Anche a Michael Shannon Boardwalk Empire ha fruttato premi, tra i quali lo Screen Actors Guild Award nel 2011 e il Saturn Award nel 2012, tutti meritatissimi.



L'ultima stagione

Le precedenti quattro stagioni di Boardwalk Empire seguono uno scorrere temporale progressivo a partire dal 1920, presentandoci le vicende man mano che si susseguono. La quinta e ultima fa invece un balzo in avanti nel tempo di sette anni portandoci in piena Grande Depressione, il periodo in cui si inizia a parlare di abolire il proibizionismo. Nucky Thompson lavora sottobanco per rientrare alla grande nel commercio degli alcolici una volta che saranno tornati legali, intanto i boss della malavita italiana si combattono con sempre maggiore efferatezza. Come è giusto che sia, l'ultima stagione ci spiega alcune cose lasciate in sospeso; le otto puntate sono infatti un alternarsi di narrazione al presente e flashbacks dell'infanzia e dell'adolescenza di Nucky ad Atatlintic City, momenti della sua vita passata che ci mostrano come, quando e perché è diventato ciò che è. Attraverso gli occhi del Nucky bambino (interpretato dal giovanissimo e già molto bravo Nolan Lyons) e poi del Nucky giovane uomo (Marc Pickering) scopriremo in che modo Thompson sia cresciuto e quali siano state le circostanze che lo hanno portato a diventare un uomo potente, ma soprattutto avremo modo di conoscere la figura che ha lasciato un'impronta indelebile sulla sua anima, colui che lo plasmò sin dai primi anni, trasformandolo nell'uomo che conosciamo. Si tratta di una discesa verso l'inferno, un progressivo addentrarsi verso la disillusione e il marcio che il potere nasconde, l'iniziazione di un innocente che poco a poco viene contaminato da una realtà che forse aveva sempre immaginato, ma che si rivela più sordida e abominevole del previsto. Nucky non è però scappato da quella minaccia, anzi vi si è inchinato, perché l'ambizione era già forte in lui ed egli aveva compreso, pur giovane, che la strada per il successo passava di lì. Vincerà una città, ma perderà per sempre se stesso. Il resto è storia presente. Il resto è quanto resta dell'ultima stagione, raccontato mentre le cose accadono.

Quello che accade è l'ultima brutale battaglia per il dominio di Atlantic City. Nucky tenterà di tenere duro mentre il suo regno gli si sgretola sempre più sotto i piedi, i vecchi amici cadono e gli antichi rivali sembrano essere diventati più forti di lui. In questa ultima stagione si raggiungono picchi di durezza, violenza e drammaticità incommensurabili, il sipario cala con la forza di un coperchio di bara sui personaggi e i colpi di scena si susseguono con un ritmo vertiginoso mentre i nodi vengono al pettine con l'inesorabilità di un fato da tragedia. Nessuno scampa al proprio destino, in pochi riescono a fare ammenda per i propri peccati, nessuno vede una salvezza che è troppo tardi anche solo per invocare. Si chiudono la storia di Al Capone, una bestia dedita alla violenza che nell'ultima puntata ci viene presentato in tutta la sua disarmante umanità di padre, e quella di Eli, il fratello di Nucky, che forse ne esce un po' meglio degli altri, ma comunque distrutto. Si chiudono le storie di Chalky White, il nero senza catene che sognava di essere un gangster, e quella del Dottor Narcisse, un altro nero che progettava la riscossa afroamericana attraverso i guadagni del commercio dell'eroina. Ci salutano Margaret, la timida irlandese, lo sciocco Mickey Doyle, quella vecchia prugna rinsecchita di Johnny Torrio e tutti gli altri. E poi si chiude. Si chiude con un finale che torna lì da dove tutto è partito, da quell'Atlantic City di fine '800 in cui Nucky Thompson muoveva, bambino, i primi passi verso il successo, scavandosi contemporaneamente la tomba. Perché si può sfuggire quasi a tutto, e si può essere perdonati quasi per ogni cosa, eccetto le nefandezze che ci rimangono sull'anima come una macchia indelebile. Quelle si pagano, sempre, non importa quanto tempo possa passare. Boardwalk Empire ci lascia con questa lezione, i titoli di coda ci consegnano una giustizia quasi divina e la musica che suona alla fine dell'ultimo episodio dell'ultima stagione hanno il sapore agrodolce di qualcosa che sapevamo doveva andare così, ma che vorremmo fosse andato diversamente. Ma non sarebbe stato reale. Non sarebbe stata la vita. Perché la vita, quella vera, alla fine il conto te lo presenta sempre.



Siamo alla fine. Guardate Boardwalk Empire se non l'avete ancora fatto. Non ve ne pentirete, anzi capirete come, in questi tempi spesso caratterizzati dalla mediocrità e dalla faciloneria in campo artistico, si possa ancora fare dell'arte a grandi livelli. Se è una storia che cercate, Boardwalk Empire ve la regalerà, mostrandovi nel contempo cosa sono la vita, la morte e tutto quello che c'è in mezzo. E, come ho detto prima, scusate se è poco. Vi lascio con una delle frasi più belle, promunciate dal Dottor Narcisse, che a mio parere racchiude tutto il significato della serie, e anche il significato di qualcosa di ben più grande:



“To be what we are, where we are, and still dare to be free. What could be more lonely?”

Bye bye, Boardwalk Empire. E grazie.




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