Ciao e buon anno a tutti. Oggi parliamo
delle cose belle che finiscono. Le vacanze, le storie d'amore, la
gioventù, i soldi, i cicli della vita: tutto prima o poi finisce, è
un dato di fatto incontrovertibile, se siamo certi di qualcosa in
questo porco mondo è che nulla è eterno e che tutto ciò che ha un
inizio prima o poi avrà un termine, è una legge di natura e uno non
ci può fare niente.
“Oh, però non è giusto!” potrebbe
dire qualcuno “Perché le cose più belle non possono durare in
eterno?” E invece è giusto, perché se non finissero
diventerebbero la routine, e tu non le ricorderesti più come cose
belle. Tanto poi ne verranno altre, con un po' di fortuna, ché la
vita non finisce mai di stupire e riserva sempre sorprese.
Quest'ultima balla, ragazzi, raccontatevela fino a quando non
iniziate a crederci sul serio, e vedrete che sarete più felici.
Ma ora basta con la filosofia da bar,
perché anche le serie TV finiscono. Finiscono per sempre, com'è
naturale che sia, e alcune di esse bisogna salutarle come si deve.
Quest'anno si è conclusa Boardwalk Empire, una delle serie TV più
memorabili mai prodotte, un vero e proprio capolavoro destinato a
restare negli annali assieme a mostri sacri come The Shield, Lost e
Breaking Bad. Se non avete mai guardato Boardwalk Empire, ragazzi,
smettete di leggere questo articolo e correte a rimediare. Qui si da'
un po' per scontato che conosciate la serie e l'abbiate seguita, e se
non l'avete fatto peggio per voi, ma siete ancora in tempo. Cercherò
di astenermi quanto più posso dagli spoiler, perché non voglio
rovinare nulla a chi è un neofita di questo show sul quale si sono
sprecati fiumi di inchiostro e spese migliaia di parole di lode. Ma,
come detto, un saluto a Boardwalk Empire va fatto. Un ringraziamento,
anche, per quelli che sono stati cinque anni di intrattenimento ad
altissimi livelli. E scusate se è poco.
Un'analisi
Prodotto dalla HBO e da Martin
Scorsese, diretto da Terence Winter e basato sul libro "Boardwalk
Empire: The Birth, High
Times, and Corruption of
Atlantic City" di
Nelson Johnson, Boardwalk Empire segue le vicende di Enoch
“Nucky” Thompson, spregiudicato uomo politico e affarista senza
scrupoli che nel periodo del proibizionismo si fa strada con
ogni mezzo per diventare il re del commercio illegale degli alcolici
a New Orleans. Per attuare i suoi traffici Nucky stringe alleanze e
scatena guerre, fa il doppio gioco con la Mafia, l'IRA e il Ku Klux
Klan, unge deputati e senatori a suon di soldi, whiskey e puttane e
compra agenti federali come fossero sigarette dal tabaccaio.
Boardwalk Empire racconta della sua ascesa verso il potere e delle
sue numerose cadute, della sua insaziabile ambizione e disarmante
solitudine, ci mostra come un uomo possa distruggere se stesso e
tutti quelli che gli stanno intorno per raggiungere uno scopo che
alla fine risulta fine a se stesso e non sembra neppure più un
premio, ma solo il lontano ricordo di una magnificenza sognata che
s'è trasformato nella maledizione di una vita. Tornare indietro è
impossibile una volta che hai messo in moto il meccanismo e ne sei
divenuto schiavo, così Nucky ballerà fino in fondo la musica che
lui stesso ha deciso di suonare, anche quando il ballo gli è venuto
a noia, anche quando potrebbe tirarsene fuori e cercare di
ricominciare una vita decente. Boardwalk Empire ci mostra cosa accade
quando vendi la tua anima al demone dell'ambizione e come i soldi
possano fare l'infelicità, descrive un periodo storico assolutamente
non dissimile dal nostro in cui lo spazio per gli affetti si riduce
fino a scomparire, schiacciato dalle dinamiche del “mors tua, vita
mea”. Non vince nessuno, mai, in questa guerra. L'America,
continente ai tempi ancora tutto sommato giovane e ricco di
opportunità, è il corpo immenso di una donna procace sul quale
piccoli e spietati esseri umani si arrampicano falciandosi,
uccidendosi e ostacolandosi a vicenda, una folle scalata combattuta
con unghie e denti per poter succhiare dalla mammella che aspetta lì
in alto, gonfia di promesse. Ognuno crede di essere il prescelto,
ognuno pensa di avere carte migliori degli avversari per vincere la
partita, ma tutti si sbagliano. Sarà l'America, bella e crudele, ad
annientarli, ma non prima di averli ubriacati con il sapore dello
scotch e l'odore dei dollari, non prima di averli privati della loro
stessa natura d'uomini. Sullo sfondo fiumi d'alcol, locali di
cabaret, prostitute, divi d'avanspettacolo, cappellini, parasole,
gonne, bettole di quart'ordine. In alto, il cielo blu del New Jersey,
indifferente al sangue e alle lacrime che inzuppano il boardwalk man
mano che la carneficina va avanti.
Ma
Boardwalk Empire non segue solo Nucky Thompson, raccontandoci anche
di altri uomini e donne, ed è qui che sta la sua forza. È un'opera
corale che regala il giusto spazio a decine di personaggi, ci mostra
le loro vite pubbliche e private, la loro battaglia quotidiana, i
loro fallimenti e i loro sforzi per rialzarsi ogni volta che cadono.
Vedrete i giovani Al Capone e Lucky Luciano farsi strada dal nulla
fino ai vertici della malavita, e vedrete lo spiantato Jim Darmody
sgomitare per diventare il successore di Nucky. Vedrete criminali di
ogni tipo e capirete cosa li muove, e i personaggi “positivi”
nella loro battaglia per restare fedeli a se stessi, mentre il mondo
attorno a loro scivola giorno dopo giorno verso una barbarie sempre
peggiore. Nessuno è immune dal morbo dell'ambizione, amore e soldi
sono due facce della stessa sporca medaglia che spinge gli uomini
l'uno contro l'altro nella disperata lotta per raggiungere ciò che
vogliono o credono di volere. È un'epopea, gente. Una cazzo di
grandissima epopea con uno sguardo profondo alla natura umana e ai
suoi aspetti peggiori. La bontà la si intravede di tanto in tanto,
in uno sguardo o una parola o un abbraccio, ma resta in sottofondo,
soffocata da istinti più pressanti. Potenzialmente ci sarebbe del
buono in tutti i personaggi di Boardwalk Empire, se solo non fossero
nati in quel luogo e in quel tempo, se solo non fossero diventati,
per scelta o per destino, ciò che sono.
Il
podio degli attori
Boardwalk
Empire annovera tra le sue fila i migliori attori nel mondo delle serie TV,
inutile girarci attorno. Ogni maledettissimo personaggio è prima di
tutto caratterizzato in maniera eccellente, e in secondo luogo
interpretato da attori che definire mostruosi non è assolutamente
esagerato. Potrei stilare una lista di venti attori e relativi
personaggi e ne resterebbero ancora fuori a pacchi, perfino i
characters secondari e i gregari sono perfetti. La sceneggiatura ha
fatto un lavoro magistrale nel dare vita a queste figure, ma non da
meno è stato chi ha scelto il cast, assicurandosi che ogni faccia,
ogni presenza scenica, ogni voce e ogni fisico potesse rendere al
100% il personaggio. Complimenti davvero a tutti gli attori, nessuno
escluso. Raramente ho visto prove di recitazione raggiungere tali
livelli. Ecco ora però il mio personalissimo podio:
III
posto – Stephen Graham (Al Capone)
Un
metro e sessantacinque centimetri scarsi di furia animalesca,
cattiveria pura e pessime battute, Stephen Graham (The Snatch, This
is England, Gangs of New York) ci regala un ritratto del giovane Al
Capone che completa e arricchisce l'interpretazione di Robert De Niro
nel memorabile Gli Intoccabili. Al Capone è consumato da
un'ambizione inversamente proporzionale al suo fisico, deciso a farsi
strada nel mondo con l'unico mezzo che conosce, la violenza. Al Capone ammazza e tortura, ruba e rapisce, ha scatti di brutalità
improvvisi e scoppi di allegria altrettanto inaspettati. Massacra donne e
bambini senza l'ombra di un rimorso ma adora la famiglia e cerca di
essere un buon padre. A differenza degli altri gangsters italoamericani
conserva un certo qual senso dell'onore e dell'amicizia ed è capace di farsi amare,
c'è in lui una malinconia nascosta che percepiamo quando sveste la
maschera del boss e si mostra per ciò che è: un giovane immigrato
che deve fare quello che deve per sopravvivere in una terra
straniera. Immenso Graham, mattatore fin dalla prima scena in cui
appare, al punto di oscurare altri personaggi più importanti
nell'economia della serie.
II
posto – Steve Buscemi (Nucky Thompson)
La
consacrazione definitiva di un attore che aveva passato la sua
carriera a fare da spalla, Boardwalk Empire lo ha ricoperto di premi
e riconoscimenti. Golden Globe nel 2011 come miglior attore di una
serie TV, Screen Actor Guild Award per due anni di seguito, nominato
agli Emmy Award e in altri premi di prestigio. Buscemi sembra aver
vissuto e recitato tutta la vita nell'attesa di impersonare Enoch
Thompson, il personaggio è fatto apposta per lui, cucitogli addosso
come i costosissimi abiti italiani che indossa in scena. Umorismo
tagliente, spalle cascanti, sorriso disilluso, quegli strani occhi
sempre umidi che all'improvviso diventano crudeli come quelli del
diavolo, perforando l'interlocutore come un proiettile, Nucky
Thompson è una metafora di come il tuo sogno più prezioso possa
sfuggirti di mano e arrivare a dominarti, e di come tu debba imparare
a convivere con questa cosa fino al giorno in cui morirai. Un uomo
che nella sua vita ha conosciuto tutto e ne porta i segni su ogni
ruga del volto, un vincente che sa di aver perso e gioca la sua
partita solo per il gusto di provare ancora il brivido del rischio,
Nucky Thompson suscita nello spettatore sentimenti che vanno
dall'adorazione al ribrezzo, accompagnandoci nell'avventura con la
promessa che prima che il sipario cali per sempre proverà ancora un
colpo di coda, l'ultima zampata da bastardo tanto per far capire al
mondo che lui era e resterà il re di Atlantic City. Un applauso a
Buscemi, attore fenomenale.
I
posto – Michael Shannon (agente Van Alden/George Mueller)
L'idolo,
la scoperta, l'assoluta sorpresa della serie. Van Alden inizia come
agente federale pieno di certezze e saldi propositi, poi la sua vita
va a puttane e lui cerca di riacchiapparla per i capelli, vive ogni
genere di disavventure e prende una valanga di botte, cerca di
tenersi ancorato ai suoi vecchi principi anche quando il mondo
intorno a lui è totalmente cambiato. Van Alden è il prototipo
dell'uomo alla deriva che cerca di tenersi in piedi nella tempesta,
il fallito che perde tutto e va comunque avanti, l'uomo sconfitto dal
destino che passa da una sfiga all'altra con la stoica rassegnazione
di un martire e la cocciutaggine di un mulo. Shannon, attore
fantastico, gli regala il suo metro e novanta di statura e la sua
faccia che sembra intagliata nella pietra da un artigiano alle prime
armi, con quella testa enorme e quegli occhi assurdamente grandi. Gli
basta sollevare un sopracciglio per per scatenare le risate del
pubblico, le sue frasi sono tanto fuori luogo quanto memorabili, la
sua totale inadeguatezza nei confronti delle situazioni che vive è
sublime e assurda allo stesso tempo. Van Alden è il personaggio
insieme più comico e più drammatico della serie, una specie di
cyborg dai movimenti legnosi e dalla parlantina meccanica, grande
incassatore tanto di pugni quanto di colpi bassi del destino,
antieroe per eccellenza per cui si finisce inevitabilmente per fare
il tifo. Anche a Michael Shannon Boardwalk Empire ha fruttato premi,
tra i quali lo Screen Actors Guild Award nel 2011 e il Saturn Award
nel 2012, tutti meritatissimi.
L'ultima
stagione
Le
precedenti quattro stagioni di Boardwalk Empire seguono uno scorrere
temporale progressivo a partire dal 1920, presentandoci le
vicende man mano che si susseguono. La quinta e ultima fa invece un
balzo in avanti nel tempo di sette anni portandoci in piena Grande
Depressione, il periodo in cui si inizia a parlare di abolire il
proibizionismo. Nucky Thompson lavora sottobanco per rientrare alla
grande nel commercio degli alcolici una volta che saranno tornati
legali, intanto i boss della malavita italiana si combattono con
sempre maggiore efferatezza. Come è giusto che sia, l'ultima
stagione ci spiega alcune cose lasciate in sospeso; le otto puntate
sono infatti un alternarsi di narrazione al presente e flashbacks
dell'infanzia e dell'adolescenza di Nucky ad Atatlintic City, momenti
della sua vita passata che ci mostrano come, quando e perché è
diventato ciò che è. Attraverso gli occhi del Nucky bambino
(interpretato dal giovanissimo e già molto bravo Nolan Lyons) e poi
del Nucky giovane uomo (Marc Pickering) scopriremo in che modo
Thompson sia cresciuto e quali siano state le circostanze che lo
hanno portato a diventare un uomo potente, ma soprattutto avremo modo
di conoscere la figura che ha lasciato un'impronta indelebile sulla
sua anima, colui che lo plasmò sin dai primi anni, trasformandolo
nell'uomo che conosciamo. Si tratta di una discesa verso l'inferno,
un progressivo addentrarsi verso la disillusione e il marcio che il
potere nasconde, l'iniziazione di un innocente che poco a poco viene
contaminato da una realtà che forse aveva sempre immaginato, ma che
si rivela più sordida e abominevole del previsto. Nucky non è però scappato da
quella minaccia, anzi vi si è inchinato, perché l'ambizione era già
forte in lui ed egli aveva compreso, pur giovane, che la strada per
il successo passava di lì. Vincerà una città, ma perderà per
sempre se stesso. Il resto è storia presente. Il resto è quanto
resta dell'ultima stagione, raccontato mentre le cose accadono.
Quello
che accade è l'ultima brutale battaglia per il dominio di Atlantic
City. Nucky tenterà di tenere duro mentre il suo regno gli si
sgretola sempre più sotto i piedi, i vecchi amici cadono e gli
antichi rivali sembrano essere diventati più forti di lui. In questa
ultima stagione si raggiungono picchi di durezza, violenza e
drammaticità incommensurabili, il sipario cala con la forza di un coperchio
di bara sui personaggi e i colpi di scena si susseguono con un ritmo
vertiginoso mentre i nodi vengono al pettine con l'inesorabilità di
un fato da tragedia. Nessuno scampa al proprio destino, in pochi riescono a fare ammenda per i propri peccati, nessuno vede una salvezza che è troppo tardi anche solo per
invocare. Si chiudono la storia di Al Capone, una bestia dedita alla
violenza che nell'ultima puntata ci viene presentato in tutta la sua
disarmante umanità di padre, e quella di Eli, il fratello di Nucky,
che forse ne esce un po' meglio degli altri, ma comunque distrutto.
Si chiudono le storie di Chalky White, il nero senza catene che
sognava di essere un gangster, e quella del Dottor Narcisse, un altro
nero che progettava la riscossa afroamericana attraverso i guadagni
del commercio dell'eroina. Ci salutano Margaret, la timida irlandese,
lo sciocco Mickey Doyle, quella vecchia prugna rinsecchita di Johnny Torrio e
tutti gli altri. E poi si chiude. Si chiude con un finale che torna
lì da dove tutto è partito, da quell'Atlantic City di fine '800 in
cui Nucky Thompson muoveva, bambino, i primi passi verso il successo,
scavandosi contemporaneamente la tomba. Perché si può sfuggire
quasi a tutto, e si può essere perdonati quasi per ogni cosa,
eccetto le nefandezze che ci rimangono sull'anima come una macchia
indelebile. Quelle si pagano, sempre, non importa quanto tempo possa
passare. Boardwalk Empire ci lascia con questa lezione, i titoli di
coda ci consegnano una giustizia quasi divina e la musica che
suona alla fine dell'ultimo episodio dell'ultima stagione hanno il
sapore agrodolce di qualcosa che sapevamo doveva andare così, ma che
vorremmo fosse andato diversamente. Ma non sarebbe stato reale. Non
sarebbe stata la vita. Perché la vita, quella vera, alla fine il
conto te lo presenta sempre.
Siamo
alla fine. Guardate Boardwalk Empire se non l'avete ancora fatto. Non
ve ne pentirete, anzi capirete come, in questi tempi spesso
caratterizzati dalla mediocrità e dalla faciloneria in campo artistico, si possa ancora
fare dell'arte a grandi livelli. Se è una storia che cercate,
Boardwalk Empire ve la regalerà, mostrandovi nel contempo cosa sono
la vita, la morte e tutto quello che c'è in mezzo. E, come ho detto
prima, scusate se è poco. Vi lascio con una delle frasi più belle,
promunciate dal Dottor Narcisse, che a mio parere racchiude tutto il
significato della serie, e anche il significato di qualcosa di ben
più grande:
“To be what we are, where we are, and
still dare to be free. What could be more lonely?”
Bye bye, Boardwalk Empire. E grazie.
Nessun commento:
Posta un commento